“Non è il momento degli egoismi, ma della solidarietà”

di Maria Berlinguer

Il Papa nella messa a Santa Marta che detto la gente inizia ad avere fame, si inizia a vedere il dopo pandemia. Che fare subito?

Papa Francesco è preoccupato per la gravità della situazione. La sua accorata preghiera in piazza San Pietro vuota – come ad essere solo davanti a Dio – spinge anche a trovare subito risposte concrete. La Chiesa deve fare la sua parte: intercedere verso l’Alto e stare in basso accanto, prossima a chi ha bisogno.  Dobbiamo metterci sulla via di una rinnovata moltiplicazione dei pani, una redistribuzione efficace ed equa delle risorse. Se non moltiplichiamo quel che abbiamo e subito, si moltiplicherà la rabbia.

Si moltiplicano i casi di “assalti” ai supermercati. In Sicilia come a Napoli dove un pensionato è stato fermato per aver preso pasta, olio e pomodoro. Come intervenire per i molti che lavorano in nero, tagliati fuori da ogni forma di sussidio? C’è il rischio che la paura diventi rabbia?

Credo sia indispensabile dare un messaggio di speranza. A tutti. Non è il momento della rabbia, delle polemiche sterili, della disperazione o dell’egoismo. È il momento della solidarietà: il più potente antivirus. La solidarietà, è la condizione da cui discendono provvedimenti concreti. Mi sembra, ed è positivo, che il governo lo sappia bene e stia lavorando in questa direzione. Certo, si deve intervenire immediatamente con chi non ha nulla.

Alcuni banchi alimentari prevedono, in base alle proiezioni di quanto accaduto nel 2008, prevedono una crescita del 40% della povertà. Sarà possibile evitare questa nuova catastrofe?

L’Italia ha attraversato prove gravissime. Penso all’ultima guerra mondiale: in 30 anni e si è rialzata. Se penso all’Europa, ha vissuto la medesima devastazione e si è avviata. Forse rischiamo di perdere la memoria delle sfide, immersi come siamo – per poco – nel benessere, spesso individuale. Oggi possiamo salvarci solo assieme. Papa Francesco lo ha ribadito. Quel 40% diventa drammatico se non si interviene, subito. Sulla stessa barca, qualcuno può stare a poppa, qualche altro a prua o nella stiva, ma a tavola tutti debbono trovare posto. Parlo letteralmente del pane da mangiare.

Papa Francesco ha sottolineato che nessuno si salva da solo. La classe politica europea e italiana ne è consapevole?

La solidarietà, mi consenta di dirlo, ha due volti. Il primo quello delle persone, come accennato. Il secondo è quello della politica che deve superare ogni forma di particolarismo nazionale e corporativo. In Italia e in Europa. La sfida che affrontiamo è una emergenza assoluta. Il vecchio mondo è finito e non torna più. Gli interessi di parte sono già da ora inghiottiti da un modello di sviluppo che ha fallito. E’ bastato un microrganismo per metterci tutti e tutto in ginocchio. La politica è per il futuro non difendere un passato che scompare.

In questa fase il governo sembra saldo nei consensi. Pensa che per ora sia stato all’altezza della sfida?

Non c’è dubbio che siamo messi di fronte ad una situazione totalmente inedita. La risposta, mi sembra, si è fatta via via più attenta. E credo che si debba migliorare ancora. Serve un sussulto di intelligenza e di audacia. Diceva il papa dobbiamo remare tutti verso la stessa direzione: governo, Parlamento, sindacati, associazioni, cittadini. E anche la Chiesa con le altre religioni. Tutti insieme verso un futuro da costruire. Visto che si parla di guerra, imitiamo lo spirito dell’Italia del dopoguerra! Non c’è la scorta di cibo «mia» a scapito della «tua». Il carrello della spesa è unico per tutti!

Il coronavirus ci cambierà, lo sostengono tutti. Come? L’isolamento ci darà nuove consapevolezze o ci renderà ancora più diffidenti nei confronti dell’altro?

Sono convinto che stiamo riscoprendo l’importanza vitale della solidarietà, come dimensione della politica. Il comportamento di ciascuno cittadino è una energia che mette in movimento gli anticorpi contro il virus della disgregazione. Lo abbiamo capito: tutti stiamo a casa per noi e per tutti. Questa è solidarietà. Stiamo inoltre riscoprendo occasioni preziose di comunicazione (con la tecnologia, la rete, internet…possiamo mettere già da ora in circolazione idee, prospettive, sogni). Nella scuola si sta facendo. Anche la società civile può giovarne e far ripartire l’economia in questo modo. Per questo dicevo: il vecchio mondo è finito. Siamo dentro il cambiamento d’epoca di cui parla spesso Papa Francesco.

Che speranze abbiamo? La Chiesa è all’altezza della sfida?

Papa Francesco ribadisce la speranza: per i credenti, Dio non abbandona il suo popolo. E chiede a tutti di stringersi gli uni gli altri, aldilà di qualsiasi divisione. Ricordiamo Papa Giovanni, quando diceva: “cerchiamo quel che ci unisce e lasciamo da parte quel che ci divide”. Il paese di domani dobbiamo costruirlo già in questi giorni. O sarà tardi. La Chiesa, per parte sua, vive per servire il Paese, partendo dai più poveri. Le porte aperte delle Chiesa dicono a tutti – anche a chi non crede – che le porte del futuro non sono chiuse. Il Papa invita tutti i cristiani, uomini e donne, preti e laici, ad essere di esempio nell’aiutare e anche nel pensare il futuro. Moltissimi credenti e non credenti si trovano oggi assieme accanto ai malati. Un’alleanza solidale tra tutti. Così dobbiamo sognare l’Italia di domani! Possiamo tenere aperto il Paese, senza fermarlo,  anzi creando già da ora i modi per continuare a curare chi ha bisogno, a produrre e a tessere relazioni, ripensando così un modello di sviluppo.

La pandemia sta mietendo molte vittime tra gli anziani. Un rischio ulteriore per la cancellazione della memoria storica.

Proprio così: il vecchio mondo è finito! Il tempo dell’abbandono degli altri, degli anziani, non funziona, non ha mai funzionato, non funzionerà mai. Abbiamo fatto degli errori enormi in questo campo. Ricordo don Oreste Benzi che diceva, amaramente: “Dio ha creato la famiglia, noi abbiamo creato gli istituti”. Oggi vediamo i nostri anziani morire da soli, senza il conforto di una presenza vicina, amica, di famiglia. C’è già qui una indicazione: gli anziani vanno tenuti a casa! E’ il quarto comandamento. E immediatamente, chiunque sia, deve intervenire per salvare gli anziani negli istituti. E’ un segno chiaro di come iniziamo, ora, a ricostruire il Paese: salvando i nostri anziani.

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