Una lama di ghiaccio che affonda impietosa nell’anima e manda all’aria ogni tipo di umanesimo”. Così monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, commenta al Sir la decisione dei ministri olandesi della Salute e della Giustizia di estendere la legge sul suicidio assistito in modo da comprendere persone che ritengono di aver “completato” la loro vita, anche se sono sane. “Si salta – fa notare Paglia – persino tutto il tema, pur arduo, della insopportabilità del dolore, delle cosiddette malattie ‘terminali’ e delle gravissime questioni che ruotano attorno al dibattito sulla eutanasia e le sue implicazioni morali e sociali. Qui si presume di garantire la libertà della scelta di uccidersi. L’apparente ragionevolezza dei termini aggiunge solo orrore”. Il neo presidente della Pontificia Accademia pone alcuni interrogativi: “Sulla base di quali ‘criteri’ si può ritenere che la nostra vita è completata?”. “La vita – osserva quindi Paglia – continua a compiersi nella memoria grata del bene fatto e ricevuto, nella riconoscenza e nel rispetto che la circondano, nella lotta contro la solitudine e l’abbandono che onora fino all’ultimo la dignità della convivenza che ci fa umani, nella vita e nella morte”.

Per monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, commentando al Sir la decisione dei ministri olandesi della Salute e della Giustizia di estendere la legge sul suicidio assistito, il messaggio che viene veicolato è “chiaro: dobbiamo liberarci di un’umanità della quale ci pesa prenderci cura, la convinceremo di essere un peso inutile anche per se stessa. Poiché siamo diventati più civili e più codardi, la soppressione degli umani che non devono aver ragione di vivere non vuole più apparire come un disegno totalitario e dispotico: si traveste con l’apparenza di una legale autorizzazione all’auto-soppressione. Lo capiscano e lo decidano pure da sé, che devono uccidersi, e se ne prendano la responsabilità. Noi – è incredibile! – offriamo la strumentazione tecnologica più avanzata”. A farne le spese sono soprattutto i “più vulnerabili”, i “perdenti di questa cultura competitiva e predatoria” e cioè “i bambini e gli anziani”. “Il cinismo del carattere distruttivo, che ci sta rendendo insensibili agli affetti più cari e più sacri – conclude Paglia -, non inorridisce di farsi cultura e diritto. Non è, questo, il terrorismo prossimo venturo?”.

(da SIR)