“Abolire le case di riposo, combattere l’epidemia della solitudine”

di Arnaldo Casali

“In questo periodo di emergenza sanitaria occorre combattere non solo la malattia, ma anche l’epidemia della solitudine, perché il grande pericolo è che l’epidemia Covid-19 danneggi non solo i polmoni ma anche il cuore, che ci contagi l’idea che stare soli faccia bene: che l’unico modo per salvarsi sia chiudersi in sé stessi e tenere gli altri a distanza”. È l’opinione di Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e Gran Cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia, che propone una riflessione sulle crescenti tensioni nelle famiglie e chiede l’abolizione delle case di riposo.

“Il virus non si combatte con più solitudine, come sembra in queste ore. È un tempo che chiede di cercare un senso, perché solo apparentemente un senso non ce l’ha. Si potrebbe dire: tempo di strade vuote ma di vita piena”. Le statistiche dicono che con il coprifuoco sono crollate le rapine e i furti nelle case, ma sono aumentate le violenze in famiglia. “I dati ci rivelano, purtroppo, che separazioni e divorzi presentano un picco di crescita dopo le vacanze estive e quelle di Natale: vivere insieme porta troppe volte a scontrarsi e una discussione, anziché diventare un’occasione di crescita e di chiarimento, finisce per trasformarsi in una scintilla che fa scoppiare guerre latenti, recriminazioni e troppo spesso violenze contro i più deboli e le donne. In un momento in cui la forzata convivenza aumenta le tensioni familiari ci vuole un di più di immedesimazione nell’altro, di comprensione e, se possibile, un po’ più di fantasia e di creatività, che fanno parte dell’amore, ma che forse avevamo dimenticato”. Fermo restando che “una famiglia non nasce per stare sola chiusa in casa”.

“La solitudine e l’isolamento non sono per l’uomo e possono provocare anche un abbassamento delle difese immunitarie”. “Ma questo tempo in cui le strade sono vuote e le case affollate – aggiunge l’arcivescovo – è una opportunità: sta però a tutti noi coglierla. Stiamo più vicini a mogli, mariti, figli, ma in questo modo vediamo anche di più i difetti e le scintille sono più probabili se l’aria è compressa. Bisogna fare attenzione e cercare di scorgere in chi ci sta accanto quel talento, quel valore e quel perché della sua presenza proprio qui, accanto a me, in questo tempo misterioso”.

“Questi giorni sono nelle nostre mani – aggiunge l’arcivescovo – Le nostre relazioni famigliari potranno trarne un beneficio o potrebbero uscirne più tese, più difficili. È un tempo, questo, opportuno per riscoprire la forza delle relazioni. Così iniziamo a costruire fin da adesso il futuro che ci attende”. All’indomani dello scandalo esploso al Pio Albergo Trivulzio di Milano, dove sono morti oltre 100 anziani, monsignor Paglia chiede anche di ripensare l’istituto stesso della casa di riposo, nell’ottica di una graduale scomparsa. “Già la definizione è fuorviante: non sono case di riposo ma case di fatica, dove spesso vivere è duro e pesante. Come attendiamo con ansia che scenda la curva del contagio, così dovremmo lavorare perché questi luoghi non esitano più e gli anziani stiano il più possibile a casa loro. Si dovrà lavorare per valorizzare delle convivenze tra anziani, il co-housing e le esperienze di piccole case-famiglia, così come si dovranno sostenere le famiglie perché siano aiutate a mantenere a casa i nostri nonni e i nostri genitori”.

“Papa Francesco – conclude Paglia – ha spesso parlato, a proposito di anziani, di una triste ‘cultura dello scarto’. Mi auguro che il dibattito suscitato in questi giorni sul tema degli Istituti per anziani vada molto oltre l’emergenza e ci aiuti a cercare insieme altre strade, più degne. Il tempo dilatato e rallentato di questi giorni ci ripropone la responsabilità di scegliere e di progettare”.

TPI